26 giugno 2010

5.550.000 €


I “FURBETTI DEL MUNICIPIO”


Il patto di stabilità, approvato dalla manovra economica del governo, pone, com’è noto, un tetto di spesa invalicabile per i comuni. Sono colpiti indiscriminatamente tutti gli Enti locali virtuosi o meno.

Ai Comuni è stata imposta la scelta iniqua di limitare l’esecuzione di opere pubbliche, migliorare i servizi, pagare i creditori pur avendo la disponibilità finanziaria, oppure sfidare coraggiosamente i vincoli del patto per attuare interventi considerati indispensabili e garantiti dalla necessaria copertura economica.

L’amministrazione Comunale di Ponte di Piave, unica in Provincia, ha scelto l’inedita ed ardua terza via di eludere il rigore della legge progettando due grandi opere pubbliche del costo complessivo di 5.550.000 €.

Per il progetto del complesso polivalente adiacente alla scuola ha cercato di aggirare la normativa nazionale ed europea degli appalti. Scoperta e censurata dalla competente Autorità di controllo si è acceso un contenzioso tuttora pendente. I risultati dopo 4 anni risultano visibili dallo stato del cantiere bloccato da un anno e senza previsioni certe per il futuro. I danni fin qui subiti ammontano a circa 700.000 oltre alle spese per il muto ventennale già acceso nel 2008.

Per l’esecuzione del Palazzetto dello Sport è stata scelta la via del leasing con un privato, sempre per sfuggire ai rigori del patto, benché più onerosa e di dubbia legittimità. Il contratto di locazione è stato sottoscritto il 24.3.2010 e prevede una spesa complessiva di 4.460.000 € da pagare in quaranta rate semestrali, a datare “probabilmente” dal 2013, oltre al diritto di superficie dell’area già concessa gratuitamente dal Comune e le spese di trasferimento del campo di Baseball e della tensostruttura esistente. Non risultano evidenziate le date di inizio e fine lavori.

Ci auguriamo che queste scelte improvvide non aggravino la carenza di risorse per le spese correnti continuamente lamentate dal Sindaco.

Ponte2000

23 giugno 2010

FEDERALISMO FLUVIALE

Sul “federalismo fluviale”

Il trasferimento agli Enti Locali dei beni demaniali, ivi compresi i fiumi, ha acceso l’entusiasmo delle Provincie di Treviso, Belluno, Venezia e della Regione Veneto per l’opportunità di sfruttare le “risorse” del Piave a fini turistici in aggiunta alla consistente eredità degli introiti derivanti dalle varie concessioni in atto ai grandi Enti pubblici e privati cittadini.

La dimensione economica dell’affare induce ad una attenta valutazione degli aspetti positivi ma anche dei rischi dell’operazione. Preso favorevolmente atto del radicale cambio di rotta del Governatore sul massiccio asporto di inerti sostenuto qualche anno fa, vanno considerati di fondamentale importanza l’unificazione e il trasferimento dei livelli decisionali in capo ad un unico organo di gestione con l’opportunità di realizzare e coordinare le grandi scelte programmatorie, valutando priorità e compatibilità nell’impiego delle risorse disponibili. Non va però dimenticata la persistenza di alcuni problemi di fondo storicamente irrisolti, che soltanto ora, dopo anni di silenzio, sembrano riemergere nel dibattito pubblico e con i quali dovranno necessariamente confrontarsi i nuovi gestori del fiume.

Il primo e pregiudiziale ostacolo rimane la mancanza di una pianificazione generale di bacino, surrogata fino ad oggi da alcuni progetti “stralcio” spesso tra loro in contrasto e dalla coesistenza di una serie di normative concorrenti di matrice eterogenea: comunitaria, nazionale, regionale, intercomunale, che hanno portato alla inevitabile completa assenza di ogni serio ed efficace intervento.

Il Piano stralcio per la sicurezza idraulica, approvato dopo 44 anni dalla storica alluvione del 66, detta una serie di interventi strutturali dal costo insostenibile per il bilancio regionale, in aggiunta alle attuali difficoltà di reperire le risorse necessarie per gli interventi di ordinaria ed urgente manutenzione.

Chi sosterrà inoltre i costi incalcolabili derivanti dai possibili e temuti eventi eccezionali aggravati da anni di malgoverno del fiume?

Il secondo problema attiene alla pluralità degli “utilizzatori della risorsa idrica” notoriamente insufficiente per soddisfare le contemporanee esigenze di enti elettrici e consorzi di bonifica, ai cavatori di inerti e del connesso ricco patrimonio boschivo, agli esercenti una variegata attività agricola in primo luogo viticultori, ai difensori della naturalità dei siti, tutti in perenne conflitto per evidenti divergenze di obiettivi. Oltre all’arduo ed impari confronto con i potentati economici e le lobbies che governano queste attività non risulterà agevole, specie nella fase di transizione, la gestione politica di una situazione complessa e radicalmente consolidata, per gli intuibili temuti riverberi sul consenso elettorale. Non potrà costituire valido strumento di mediazione fra le parti in causa, la rigida normativa comunitaria sul rispetto e protezione dei siti di importanza naturalistica. In questa difficile cornice appare anacronistica la previsione di avvio di una attività turistica dagli esordi entusiasticamente spartani, ma con dichiarate velleità di sviluppo elitario.

L’iniziativa, certamente suggestiva per promuovere il consenso dei veneti che amano per scelta o per necessità un approccio naif alla balneazione, risulta di non facile attuazione.

Da anni ormai le sponde del fiume sono frequentate in modo disordinato ed incontrollato da una variegata presenza di ospiti, dalle tranquille famiglie in vacanza domenicale, ai meno moderati partecipanti ai frequenti “rave party” notturni, fino ai cultori delle più svariate “trasgressioni” oggi purtroppo di moda.

Ricondurre la frequentazione ludica ed il rispetto per l’ambiente nei limiti della civiltà è una scelta da apprezzare e condividere, ma anche in questo caso sorge il problema della sostenibilità dei costi, accettabili e contenuti sotto il profilo logistico, molto più problematici per la necessaria continuità di controllo e di vigilanza anche notturna.

Non ultimi ma temibili ostacoli le possibili piene del fiume che, anche se non eccezionali, spazzerebbero inesorabilmente le attrezzature ed infine le disposizioni normative sulla sicurezza, di recente approvate, che vietano categoricamente ogni edificazione anche di carattere precario nel terreno golenale.

Le vie del federalismo fluviale, almeno per quanta riguarda il Piave, sembrano ancora più lastricate di buone ed ottimistiche intenzioni che di fondate speranze per un sia pur graduale ma concreto avvio della resurrezione del fiume.

Gianni Marin

18 giugno 2010

Belvedere sotto i ponti


Il breve articolo “Un belvedere sotto i ponti” (Tribuna 19.cm. ) pone una serie di interrogativi che vanno chiariti nel pubblico interesse. Non si comprende anzitutto l’accattivante denominazione per uno squallido sentiero costruito con un materiale semisintetico del tutto eterogeneo rispetto alla naturalità dell’area e nel sito di massima pericolosità dell’intero tratto fluviale. E’ stata richiesta, in tal senso, la preventiva autorizzazione dell’organismo Regionale per la tutela dei beni naturali e paesaggistici?. Non è certo l’asserita ecologicità del materiale usato per mitigare il negativo impatto ambientale.

E’ inoltre necessaria qualche informazione sui soggetti partner del progetto. Quale la contropartita per la disponibilità del privato imprenditore fornitore del materiale e da altri eventuali sponsor?

Essenziale infine è conoscere la natura del “contributo” prestato dal Genio Civile, in particolare se si tratta di risorse finanziarie, da quale capitolo di bilancio sono state prelevate.

Da chiarire, per concludere, se esiste chi abbia rilasciato una autorizzazione ai lavori in un’ area in cui è precluso, per legge, qualsiasi intervento ad eccezione di quelli necessari per garantire od aumentare la sicurezza idraulica.

Ponte 2000

03 giugno 2010

SCUOLA LAVORI LUMACA

Rif. Art. (gazzettino 23/05 ) “SCUOLA LAVORI LUMACA”




La nota informativa del Sindaco sulla situazione aggiornata dell’
ampliamento della scuola non fornisce alcuni importanti chiarimenti e cioè:


*Perché fra le diverse opzioni possibili il Sindaco ha scelto una ditta dimostratasi poco affidabile fin dall’avvio del cantiere?
*Perché nonostante le ripetute segnalazioni e censure del direttore dei lavori sul mancato rispetto dei tempi programmati, delle norme di sicurezza e delle opere in cemento armato si è aspettato un anno per la risoluzione del contratto?
*Perché nonostante l’indicazione esplicita della direzione dei lavori di rescindere il contratto per colpa grave della ditta ed incassare la caparra disponibile (come da contratto) di 227.180 Euro il Sindaco ha non solo rinunciato a questi soldi ma ha addirittura corrisposto transattivamente alla ditta altri 324.974 Euro per le poche opere eseguite che dovranno in parte essere demolite e ricostruite?
*Perché sono state liquidate alla ditta perfino le spese di recinzione del cantiere?
A chi è stata affidata la vigilanza del cantiere dalla sua chiusura fino alla prossima apertura indicativamente fra 6 mesi?
*Chi si assume la responsabilità di garantire la sicurezza degli scolari dalla presenza di una gru che da oltre un anno incombe sul cortile della scuola?
*Perché non si è abbandonato fin da principio un mega progetto destinato a fallire limitando i lavori alla costruzione delle aule e non investire i soldi disponibili per l’auditorium, mai richiesto dalla scuola, per la nuova biblioteca nell’acquisto dei Giuseppini?
*Intende il Sindaco rispondere finalmente in modo chiaro come vengono i soldi dei cittadini?

Ponte2000