11 marzo 2009

PIAVE "INDIFESO": osservazioni al piano


Nella foto a sinistra la rettifica di un lungo tratto del Piave con una profonda incisione in alveo.
Nella foto a destra risulta evidente l'attacco delle acque di una modesta morbida, alla riva appena eretta e costruita con materiali inconsistenti (le ghiaie così lavate, pulite...
tornano a riempire la fossa delle estrazioni in alveo poco più a valle...).
L'aumento della velocità, causata dalle rettifiche effettuate lungo il corso del Piave, favorisce queste erosioni anche in presenza di fenomeni modesti di portata.

A quest'altezza, l'alveo centrale del fiume è tuttora oggetto di una vasta estrazione di ghiaie per una lunghezza di centinaia di metri con profondità di qualche metro; uno stralcio presente nel piano in discussione, non ancora approvato.

OSSERVAZIONI DEL GRUPPO CONSILIARE PONTE 2000 SUI LAVORI DI RIORDINO IDRAULICO, OPERE DI DIFESA E RIQUALIFCAZIONE AMBIENTALE SUL FIUME PIAVE

Ex art. 17 L.R. n° 10/99

In premessa va chiaramente sottolineato ed adeguatamente spiegato alla cittadinanza che i “Lavori di Riordino Idraulico e di Riqualificazione Ambientale” previsti, non affrontano i gravi problemi della sicurezza idraulica, che invece, per alcuni non trascurabili aspetti, verranno aggravati.

Con altrettanta chiarezza va evidenziato che il vero scopo dell’intervento è, ancora una volta, l’asportazione di materiale ghiaioso.

Falliti i precedenti tentativi di massicce escavazioni, proposti da Confindustria e lo scorso anno da un privato nelle Grave di Papadopoli, per l’unanime contestazione degli E.E. L.L. interessati e considerata altresì la persistente opposizione all’ apertura di nuove cave da parte di alcuni comuni in Sinistra Piave, i cavatori hanno adottato una strategia alternativa, distribuendo una serie di interventi di limitata portata nel corso di 5 anni contando sulla maggiore disponibilità dei comuni coinvolti

1) La presenza ininterrotta in un quinquennio di opere cantieristiche caratterizzate da un traffico continuo in area itrarginale per facilitare il trasporto di ghiaia dai punti di scavo a quelli di raccolta e smistamento, la previsione di accumuli di ghiaia esposti al dilavamento per conferire maggior pregio ai fini commerciali, il contemporaneo stoccaggio di materiale di risulta, privo di alcun pregio, per la ricostituzione al culmine delle “ ciclopiche opere di difesa” , la macroscopica sperequazione quantitativa fra gli interventi di movimentazione e di asporto di materiale, contrastano con le disposizioni del P.S.S.I.P. e le relative norme di attuazione oltre che con ogni ragionevole garanzia di protezione della biodiversità e di rispetto e valorizzazione delle risorse ambientali, tutelate da puntuali specifiche normative comunitari e nazionali.

2) Sono integralmente condivisibili le osservazioni critiche esposte dal prof. D’Alpaos e dal dott. Trentin. A conferma della necessità di scelte operative scientificamente validate e sostenibili e della inattendibilità di proposte fondate su valutazioni empiriche e non su solide conoscenze ed osservazioni dell’area di intervento, si producono, a titolo puramente esemplificativo alcune immagini relative a precedenti interventi evidentemente non progettati in modo adeguato. Senza addentrarsi su specifici aspetti tecnici e le conseguenti scelte progettuali, sembra opportuno ricordare che va, in via prioritaria, evitato ogni intervento che possa aumentare la velocità del flusso. E’ di comune conoscenza e di sofferta esperienza, che le probabilità di esondazione e rotte arginali, nell’impatto dell’onda di piena contro i ponti ferroviario e della Postumia è tanto maggiore quanto minore è il tempo di corrivazione nel tratto in esame e come ad aggravare il margine di rischio, concorra la mancata rimozione dei grandi ammassi di inerti giacenti a valle dei manufatti.

3) La questione del rischio idraulico non può essere assolutamente sottovalutata, poiché l’area dell’intervento ricomprende i punti di maggiore criticità dell’intero corso del fiume. Appare certo apprezzabile la difesa degli insediamenti e delle colture pregiate intrarginali, non dimenticando però che l’intera zona delle grave è la naturale e fisiologica cassa di espansione del fiume, ma non trascurando, altrettanto doverosamente i livelli di rischio ben maggiori che gravano sull’intera popolazione del capoluogo. La distinzione fra grandi eventi, quale la storica alluvione del 66, per il cui possibile ripetersi siamo tutti rassegnati al peggio e le morbide ricorrenti per le quali sembrano sufficienti, come nel caso in esame, i previsti interventi di regimazione e manutenzione, appare semplicistica ed apodittica. Le eccezionali ed imprevedibili precipitazioni nevose di quest’anno, ad esempio, possono preludere a possibili eventi di piena che, senza raggiungere picchi catastrofici, possono dar luogo a fenomeni sondativi già sfiorati nella recente piena del 2002.

Il tratto arginale sulla sponda sinistra a monte del ponte ferroviario rappresenta il punto di massimo rischio storicamente documentato perché situato a ridosso del centro urbano. Un primo anche se non sufficiente intervento di consolidamento delle difese è stato attuato con il raddoppio dell’ ultimo tratto dell’argine, durante i lavori per La realizzazione del by-pass stradale al centro storico. L’intervento di massiccia deforestazione già in atto nell’area sottostante non contribuisce certo alla mitigazione del rischio.

4) Appare senza dubbio produttiva e, per alcuni aspetti indispensabile, la collaborazione fra pubblico e privato per la realizzazione di opere pubbliche, ma allorché in un Finaçial-Project risultino evidenti aspetti di incertezza sui risultati o di rischio, sembra preferibile che le linee di indirizzo progettuale vengano predisposte o comunque preventivamente concertate con l’ente pubblico per evitare macroscopiche e non certo confortanti divergenze di opinioni, come ne caso in esame.

Nell’ottica di ottimizzazione di risorse congiunte pubblico-private, su iniziativa del Comune di Ponte di Piave , gli Uffici Periferici Regionali della Difesa del Suolo hanno ritenuto di utilizzare 300.000 € del fondo sulla difesa previsto dalla legge n° 183/89 per supportare la realizzazione di due anacronistici porticcioli nei comuni di Salgareda e Zenson di Piave. Sarebbe doveroso, in alternativa , utilizzare tali risorse pubbliche per completare gli interventi di difesa nelle citate aree a maggior rischio.

PONTE 2000

Allegati: N° 4 tavole fotografiche


fine 2006: ricostruzione della riva "Dal Santo" associata a lavori di ricalibratura con escavi per 500 m a monte







fine 2007: le acque velocizzate dalle "rettifiche" a monte, incidono profondamente la riva anche a fronte di morbide di poco conto

marzo 2009: la stessa località è oramai mesa a nudo; la difesa a palafitta ricoperta con limi inconsistenti, mal si addice alle turbinose acque del Piave. All'intradosso della curva si nota il riporto di ghiaie erose dalle rive più a monte, ripristinando la situazione di 2 anni prima.

1 commento:

Marco Abordi ha detto...

Sono un neo-cittadino di Ponte di Piave, Valtellinese di origine che da qualche anno vive a Ponte di Piave.
Mi occupo di progettazione e consulenza in campo ambientale e paesaggistico.
Politicamente sono vicino alle vostre idee e mi permetto di inviare anche una mia breve nota al progetto inerenti ai lavori sul Piave:

Il metodo previsto dalla Finanza di Progetto (Project financing ) è un sistema utilissimo per potere effettuare delle opere d’interesse pubblico con fondi privati. In queste operazioni ovviamente il privato deve avere un suo tornaconto; questo non significa che debba venir meno l’interesse pubblico a favore del privato.
Nei “LAVORI DI RIORDINO IDRAULICO, OPERE DI DIFESA E RIQUALIFCAZIONE AMBIENTALE SUL FIUME PIAVE” la situazione pare essere molto delicata in quanto il soggetto promotore è un consorzio di ditte di escavazione.
Normalmente in questo tipo di procedure il soggetto promotore predispone uno studio in cui prevede la realizzazione di un intervento di pubblica utilità definendo esattamente quelli che saranno gli introiti privati futuri dell’operazione; tutto questo deve essere inserito in un piano finanziario che dimostri l’economicità dell’operazione equilibrando interesse pubblico e privato.
Nel caso specifico ovviamente il valore economico è dato dallo stesso materiale pregiato escavato. Ad essere malfidenti si potrebbe però sospettare che, trattandosi di una progettazione effettuata dallo stesso soggetto promotore, il tutto non si basi su scientifiche basi idrauliche e che il tutto sia dimensionato in base all’economicità dell’intervento e al risultato del piano finanziario. Non dico che questo sia avvenuto nel caso specifico, ma alla cittadinanza questo dubbio dovrebbe essere chiarito.
Quindi la situazione è un po’ diversa dai classici Project financing in cui è necessario realizzare un’opera pubblica come una autostrada o un ospedale e dove il tornaconto sarà dato dall’uso in concessione per un certo numero di anni del bene. Nel caso specifico va chiarito esattamente quali siano i paletti imposti dal Genio Civile.
L’alternativa al ricordo dello strumento di Project financing era quello di programmare e progettare gli interventi ad opera del Genio Civile e poi mettere a bando i singoli stralci prendendo il pagamento degli interventi attraverso il materiale stesso. In questo modo la programmazione e progettazione sarebbe rimasta di competenza pubblica e i singoli stralci operativi sarebbero stati assegnati alle ditte migliori offrenti lo scarto finanziario si sarebbe potuto utilizzare per aumentare le opere di mitigazione e compensazione).
Durante la presentazione pubblica effettuata a Ponte di Piave è stato detto che il progetto sarà completamente da rivedere perché non è più attuale; questa eventualità, dal punto di vista delle procedura d’impatto ambientale, potrebbe inficiare l’intera procedura di VIA, infatti la norma in materia prevede che i mutamenti sostanziali ai contenuti progettuali, impone una nuova procedura di V.I.A.
Ultimo punto che vorrei citare riguarda le misure di compensazione: la disciplina della V.I.A. prevede come misure di compensazione misure atte a compensare il danno prodotto dell’opera (interferenze, perdita di habitat, impatti diretti ecc.).
Durante la conferenza pubblica è stata citata come opera di compensazione la pista ciclabile e la spiaggia ricreativa (… interventi che condivido perché credo nella multifunziolità degli dei progetti). Purtroppo quelle opere non possono essere definite come compensazioni ambientali anzi essi dovranno essere valutati perché potenzialmente potenzialmente potrebbero a loro volta causare lievi impatti essi quindi non possono essere considerati come misure compensative.

Dott. Marco Abordi